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L’operazione militare israeliana in Cisgiordania

Il 28 agosto 2024 Israele ha lanciato un’operazione militare in Cisgiordania.
Centinaia di soldati e poliziotti stanno effettuando incursioni in diverse città della West Bank: Jenin, Tulkarem, Nablus e Tubas.

L’Onu, sin dall’inizio, ha condannato questa operazione, poichè “viola il diritto internazionale e rischia di infiammare ulteriormente una situazione già esplosiva”.

Secondo il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, l’operazione ha l’obiettivo di “contrastare la rete terroristica islamico-iraniana” che è stata creata in Cisgiordania, suggerendo anche che, per il bene dell’operazione, deve essere preso in considerazione il trasferimento “temporaneo” della popolazione palestinese. Affermazioni che hanno destato molta preoccupazione e indignazione.

La drammatica situazione della Cisgiordania non è una novità di questi giorni: secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite, dal 7 ottobre scorso, nella zona sono stati uccisi 622 palestinesi. Inoltre, il governo israeliano sta direttamente o indirettamente incoraggiando nuove colonie e insediamenti, una pratica che le Nazioni Unite considerano illegale.

Lo scorso 25 giugno il governo israeliano ha approvato la più grande acquisizione di terre palestinesi dagli Accordi di Oslo del 1993, come l’ha definito il gruppo di monitoraggio Peace Now.

Le autorità israeliane si sono appropriati di 12,7 chilometri quadrati di terra nella Valle del Giordano. Si tratta di una mossa che acutizza ulteriormente le dispute passate.

Nel 2024 c’è un record di terre della Cisgiordania dichiarati di proprietà statale israeliana, nel totale silenzio della comunità internazionale guarda in silenzio.

Infatti, non sorprende che durante la conferenza stampa, Netanyahu abbia mostrato una cartina dove non appare la Cisgiordania, ma include Gaza come enclave.

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