I cosiddetti giganti bianchi sono in sofferenza e alcuni sono già estinti. Questo è il bilancio della quinta edizione della Carovana dei Ghiacciai, la campagna internazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA ITALIA e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, che dal 5 agosto al 9 settembre ha realizzato 7 tappe lungo l’arco alpino.
Entro il 2100, secondo alcuni studi scientifici, con un riscaldamento globale di 2,7°C, l’Europa centrale rischia di perdere il 100% della copertura glaciale. Il primo grido d’allarme arriva proprio dai ghiacciai dell’arco alpino, ormai già da tempo in agonia e in coma irreversibile: dalla Francia all’Italia passando per la Slovenia i giganti bianchi fondono a ritmi impressionanti, con un’accelerata che si intensificata soprattutto dagli anni 2000, lasciando spazio a rocce e detriti e a nuovi ecosistemi che riempiono il vuoto lasciato dai ghiacciai. In più l’aumento degli eventi meteo estremi ha accelerato fenomeni come frane e colate detritiche rendendo la montagna più instabile.
Cosa è emerso dalla campagna
Sono 12 i ghiacciai osservati speciali: 10 in Italia e 2 all’estero. Dal ghiacciaio della Mer Del Glace sul Monte Bianco, il tetto d’Europa e il re delle Alpi, che in 174 anni ha perso 300 metri di spessore all’altezza della stazione Montenvers, al ghiacciaio di Flua, sul Monte Rosa, estinto dal 2017. Nell’800 era grande quanto 112 campi di calcio, oggi è solo un mare di rocce e detriti. Anche i ghiacciai limitrofi al Flua, non se la passano bene. Dagli anni ‘8o il ghiacciaio delle Piode e il Sesia-Vigna (ramo orientale) sono arretrati di oltre 600 metri lineari, con una risalita della quota minima frontale di oltre 100 metri.
Sono in sofferenza anche i ghiacciai della Valpelline, in Valle D’Aosta, che arretrano sempre di più feriti anche dagli eventi meteo estremi. Dal 1850 la fronte dell’antico ghiacciaio, che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di ben 7 km. In particolare, preoccupa l’accelerazione che si è registrata dagli anni 2000, con il ghiacciaio delle Grand Murrailes che ha perso 1,3 km di lunghezza dal 2005 e la sua fronte oggi si trova a circa 2900 m s.l.m., ben 500m più in alto. Analogamente, il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 km di lunghezza dal 2002 e la sua fronte è “risalita” di ben 400m, attestandosi alla stessa quota del ghiacciaio delle Grand Murrailes.
Impressionante è la velocità di ritiro del ghiacciaio di Fellaria, il terzo ghiacciaio lombardo per estensione ha perso il 46% della sua superficie dal 1850 ad oggi che ha portato alla creazione di un grande lago proglaciale, iniziato a formarsi dopo il 2003, e che ha raggiunto un’estensione di 222.000 metri quadri (pari a 30 campi da calcio).
Poi ci sono i ghiacciai sotto i 3500 metri in coma irreversibile come il ghiacciaio della Marmolada.
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Per arrivare ai ghiacciai morenti delle Alpi Giulie: i Ghiacciai del Canin(In Friuli Venezia Giulia)e del Triglav (in Slovenia)che si sono ridotti a residui sparsi di neve e ghiaccio. Il primo è passato da una superficie da 9,5 ettari negli anni 50 agli 1,4 ettari di oggi; il secondo da 40 ettari, ossia grande quanto 56 campi da calcio, nel 1946 a circa 0,2 ettari nel 2022 meno di un campo da calcio.
Il Ghiacciaio del Montasio resiste, poiché nell’inverno 2023-2024 ha accumulato 8 metri di neve. In Lombardia, il ghiacciaio dei Forni dalla seconda settimana di luglio a inizio agosto, con l’arrivo dell’anticiclone africano, è stato in fusione giorno e notte con un elevato tasso di fusione che va dai 4 agli 8 cm al giorno di ghiaccio fuso a quota 2650 e 2600, conuna perdita totale di spessore che nelle aree frontali si avvicina ai 2 metri. Lungo i sentieri di avvicinamento al ghiacciaio dei Forni, Carovana dei ghiacciai ha anche organizzato un’attività di clean up nell’ambito di Puliamo il Mondo di Legambiente campagna di volontariato ambientale in programma il 20, 21 e 22 settembre in tutta Italia.
Le minacce per i ghiacciai e le montagne
Crisi climatica, eventi meteo estremi, overtourism, rifiuti abbandonati, ma anche impianti dismessi sono tra le minacce principali per montagna e ghiacciai. In particolare aumentano gli eventi estremi: ben 101 quelli registrati nelle regioni alpine da inizio anno a luglio 2024 dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente e che hanno lasciato ferite profonde, ad esempio, sul Monte Rosa, versante piemontese, e la Valpelline, in Valle D’Aosta, colpite a fine giugno da piogge intense.
Preoccupa anche l’abbandono dei rifiuti in quota – circa 400 quelli trovati raccolti dal team di Carovana dei ghiacciai 2024 sulla Marmolada, alcuni risalenti anche alla prima guerra mondiale, e quasi 150 quelli raccolti lungo i due sentieri che portano al Ghiacciaio dei Forni in Lombardia. Montagne ferite anche da vecchi impianti chiusi e mai smantellati come quello presente sulla Marmolada a Pian dei fiacconi, travolto dalla valanga del 2020 e su cui Legambiente chiede un rapido intervento. Secondo l’ultimo report Nevediversa, in Italia aumentano il numero delle strutture dismesse che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente) di cui 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica.
Immagine di copertina: Legambiente Lombardia
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