Due anni fa moriva Mahsa Amini, la ragazza curda di 22 anni che era stata arrestata a Teheran dalla polizia morale. Secondo gli agenti indossava in modo improprio il hijab, il velo obbligatorio. Dopo poche ore dalla sua detenzione, fu ricoverata in ospedale, dove morì il 16 settembre 2022.
La morte di Mahsa Amini ha innescato mesi di proteste contro la repubblica islamica e la Guida Suprema, Ali Khamenei.
Molte donne, in un potente atto di sfida, hanno dato fuoco ai loro hijab obbligatori, rifiutando i simboli della loro oppressione. Negli ultimi due anni, innumerevoli uomini si sono schierati al loro fianco, opponendosi al regime non solo a parole ma con azioni coraggiose.
Women of Iran-Saghez removed their headscarves in protest against the murder of Mahsa Amini 22 Yr old woman by hijab police and chanting:
death to dictator!
Removing hijab is a punishable crime in Iran. We call on women and men around the world to show solidarity. #مهسا_امینی pic.twitter.com/ActEYqOr1Q
— Masih Alinejad 🏳️ (@AlinejadMasih) September 17, 2022
Lo slogan “Donna, vita, libertà” si è evoluto in qualcosa di più di un semplice grido per la liberazione del popolo iraniano. Si tratta di un appello globale per la pace, la giustizia e l’umanità.
Il regime ha cercato di reprimere le proteste, arrestando oltre 22.000 manifestanti e giustiziando almeno 1425 persone, quasi il doppio del numero di esecuzioni rispetto ai due anni precedenti le proteste.
“La pena di morte è lo strumento più importante della Repubblica islamica per creare paura nella società con l’obiettivo di reprimere le proteste e prevenire ulteriori proteste” – ha affermato il direttore di Iran Human Rights Mahmood Amiry- Moghaddam.
Il premio Nobel iraniana Narges Mohammadi dal carcere di Evin ha esortato le Nazioni Unite “a porre fine al silenzio e all’inazione di fronte alla devastante oppressione e discriminazione delle donne da parte di governi teocratici e autoritari”.
Il 15 settembre 34 prigioniere politiche della prigione di Evin hanno iniziato uno sciopero della fame per commemorare Mahsa Amini, e in solidarietà con il popolo iraniano che protesta contro le politiche repressive del governo iraniano.
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