Negli allevamenti italiani la peste suina è una vera e propria minaccia per gli allevamenti e la tenuta del settore agroalimentare, fondamentale per l’economia nazionale.
Rudy Milani, presidente della federazione nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, ha affermato che il settore è sull’orlo di un disastro. Dall’inizio dell’epidemia, il comparto registra una perdita fra 20 e 30 milioni al mese.
Nel corso degli ultimi mesi la situazione è notevolmente peggiorata. Il virus si è diffuso nel cluster di infezione del Nord Italia, determinando un sensibile allargamento dell’area sottoposta a restrizione.
A luglio 2024 è stato notificato il primo caso nel selvatico in Toscana, in provincia di Massa Carrara, e contestualmente è iniziata una violenta ondata epidemica di focolai nel domestico. In rapida successione sono infatti stati notificati diversi focolai in allevamenti di suini domestici in provincia di Novara (Piemonte), Milano e Pavia (Lombardia) e Piacenza (Emilia Romagna). I comuni coinvolti dai focolai sono tutti in zona di restrizione parte I o II, quindi in una zona con consolidata circolazione virale nel selvatico.
“È indispensabile garantire agli allevatori la certezza degli indennizzi per i danni subiti, magari anche attraverso dei fondi emergenziali, coprendo non solo le perdite dovute agli abbattimenti, ma anche i mancati guadagni legati al fermo aziendale forzato”, si legge nella missiva di Coldiretti inviata al ministro dell’Agricoltura Lollobrigida.
“La filiera suinicola italiana, che vale complessivamente circa 20 miliardi di euro e coinvolge 100.000 posti di lavoro e 10 milioni di animali allevati, non può permettersi ulteriori ritardi. Coldiretti chiede con urgenza alle istituzioni di agire tempestivamente per sostenere un settore vitale per l’economia del nostro Paese. Nella lettera viene garantita la disponibilità dell’organizzazione per qualsiasi attività di supporto necessaria a contrastare questa emergenza” ha aggiunto Coldiretti.
In Italia la peste suina è presente da tempo
In Italia la peste suina è presente dal 1978, in Sardegna. Probabilmente l’introduzione del virus sull’isola è avvenuta attraverso rifiuti alimentari infetti provenienti da una nave giunta al porto di Cagliari. Le popolazioni coinvolte sono i suini domestici, i cinghiali e i suini bradi illegali; questi ultimi rappresentano il principale fattore di persistenza della malattia sull’isola. Negli ultimi anni, la situazione epidemiologica è nettamente migliorata, grazie ad un efficace processo di eradicazione. Lo stipite virale presente in Sardegna appartiene al genotipo I, mentre quello responsabile dell’attuale ondata epidemica in Europa e negli altri continenti è il genotipo II.
Il 7 gennaio 2022 la PSA è stata diagnosticata in una carcassa di cinghiale nel Comune di Ovada, in provincia di Alessandria, determinando la definizione di una ampia zona infetta a cavallo tra Piemonte e Liguria. Nel mese di maggio 2022, la malattia ha raggiunto il Lazio, dapprima nel territorio di Roma Capitale, in seguito nella provincia di Rieti, coinvolgendo la popolazione residente di cinghiali. Il 9 giugno, la malattia è stata confermata in un allevamento da riproduzione semibrado, nel territorio già infetto di Roma Capitale.
La peste suina quindi è un virus ben noto agli esperti, ma i governi che si sono susseguiti hanno sempre sottovalutato la situazione, applicando misure scoordinate e insufficienti. E questi sono i drammatici risultati.
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