Lunedì i mediatori del Qatar hanno consegnato a Israele e Hamas la bozza finale di un accordo per porre fine alla guerra a Gaza.
Un alto funzionario israeliano ha dichiarato che un accordo potrebbe essere siglato entro pochi giorni se Hamas rispondesse alla proposta.
“Israele vuole un accordo sugli ostaggi. Israele sta lavorando con i nostri amici americani per raggiungere un accordo sugli ostaggi, e presto sapremo se l’altra parte vuole la stessa cosa”, ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano Saar in una conferenza stampa a Gerusalemme.
Martedì 14 gennaio, secondo quanto riferito da un funzionario, Hamas ha accettato la bozza di accordo per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi.
Il piano
L’ accordo è in tre fasi, e inizierebbe con la liberazione nell’arco di un periodo di sei settimane di circa 33 israeliani della ‘lista umanitaria’, tra cui donne, bambini, anziani e civili feriti, in cambio di centinaia di donne e bambini palestinesi imprigionati da Israele.
Tra i 33 prigionieri ci sarebbero anche cinque soldatesse israeliane, ciascuna delle quali verrà rilasciata in cambio di 50 prigionieri palestinesi, tra cui 30 militanti che stanno scontando l’ergastolo.
Durante questa fase di 42 giorni, le forze israeliane si ritirerebbero dai centri abitati, i palestinesi potrebbero iniziare a tornare a ciò che resta delle loro case nel nord di Gaza con aiuti umanitari, con circa 600 camion in arrivo ogni giorno.
I dettagli della seconda fase dovranno essere negoziati durante la prima. Il funzionario israeliano ha detto che “trattative dettagliate” sulla seconda fase inizieranno durante la prima. Ha detto che Israele manterrà alcuni “asset” durante le trattative, riferendosi a una presenza militare, e non lascerà la Striscia di Gaza finché tutti gli ostaggi non saranno tornati a casa.
In una terza fase, i corpi degli ostaggi rimasti saranno in cambio di un piano di ricostruzione di Gaza della durata di tre-cinque anni, sotto la supervisione internazionale.
I punti critici sottolineati da Hamas
Tuttavia restano ancora dei punti critici. Tra questi c’è la richiesta di Hamas affinché Israele si ritiri dal corridoio di Filadelfia, e si impegni a un cessate il fuoco permanente anziché a una sospensione temporanea delle operazioni militari avviate in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 al sud di Israele.
Un altro punto di disaccordo è sulla proposta israeliana di una zona cuscinetto all’interno di Gaza lungo i confini orientali e settentrionali della striscia con Israele. Il funzionario ha detto che Hamas vuole che la zona cuscinetto torni alle dimensioni precedenti al 7 ottobre di 300-500 metri (330-545 yard) dalla linea di confine, mentre Israele sta chiedendo una profondità molto più grande di 2.000 metri.
“Riteniamo che ciò significhi che 60 km (37 miglia) della Striscia di Gaza rimarranno sotto il loro controllo e gli sfollati non torneranno alle loro case”, ha affermato il funzionario.
Oltre a queste richieste il funzionario di Hamas ha affermato che i negoziatori stanno definendo i dettagli specifici del rilascio dei prigionieri palestinesi e le mappe delle aree dalle quali le forze israeliane si ritireranno.
Disaccordi nel governo di Netanyahu
Dieci membri del partito Likud di Benjamin Netanyahu hanno inviato una lettera al primo ministro israeliano esprimendo preoccupazione per un potenziale accordo e ribadendo che tre “linee rosse” non dovrebbero essere superate. I membri della Knesset sostengono che Israele non dovrebbe dover fare affidamento su altri per la sicurezza, tutti gli ostaggi devono essere restituiti e un ritorno di massa nella parte settentrionale di Gaza dovrà essere impedito in qualsiasi quadro di un accordo.