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I continui attacchi alla 194

In una nota il centro anti violenze di Aosta ha fatto sapere di aver ricevuto segnalazioni di donne che, giunte in presidi sanitari pubblici del territorio regionale per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, sono state negli stessi luoghi sottoposte a indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, consistenti nell’imporre l’ascolto del battito fetale o nella promessa di sostegni economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, personalissima e spesso sofferta.

La questione non è nuova, visti i continui attacchi alla legge 194/78. A febbraio  è approdata alla Camera la controversa proposta di legge di iniziativa popolare «Un cuore che batte», che su iniziativa delle associazioni anti abortiste, ha raccolto 106 mila firme. La proposta introduce nell’art.14 della legge 194 del 22 maggio 1978 il comma 1-bis: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».

L’Ordine dei Medici di Torino su questa proposta ha preso una netta posizione, poichè significa “costringere il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza a far vedere il feto alla donna intenzionata ad abortire e a rilevare e farle ascoltare il battito cardiaco tramite un’ecografia Doppler”. Si tratta di una proposta che preoccupa i medici non solo da un punto di vista etico, ma anche scientifico. Infatti, gli ultra suoni  che sfruttano l’effetto Doppler, l’unico mezzo per ascoltare il battito del feto, se immessi nei tessuti, determinano un aumento della temperatura che potrebbe danneggiare l’organo del feto che è in fase di sviluppo.

Mercoledì 24 aprile il Senato ha approvato il decreto che contiene misure aggiuntive per l’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Tra le misure previste c’è quella che consente alle associazioni Pro-Vita di entrare  nell’organizzazione dei Consultori. L’emendamento, proposto al deputato Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia, prevede che le regioni “possono avvalersi” dell’aiuto delle associazioni nei consultori, come previsto dall’articolo della 194 sull’interruzione di gravidanza, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L’emendamento ha determinato un’ondata di critiche dall’opposizione e anche di alcune associazioni femministe. Ma la questione non è inedita. L’emendamento assume un valore politico, perchè le associazioni tra cui anche quelle antiabortiste, sono già presenti nei consultori, come prevede l’articolo 2 della 194/78.

Infatti, negli anni passati regioni come Piemonte, Campania e Lazio, hanno rafforzato  l’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori e negli ospedali pubblici.

Come sottolinea D.I.R.E, nel 1979 il legislatore aveva previsto un sostegno alle donne che avessero già scelto la maternità con il coinvolgimento di associazioni che intervenissero dopo la nascita del bambino, e non quando la donna sta prendendo la sua decisione.

Mentre in Italia la destra orbaniana attacca costantemente il diritto all’aborto, l’11 aprile il Parlamento Ue ha approvato la risoluzione che chiede di includere il diritto all’ aborto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. In particolare la risoluzione presenta quattro punti cardine: il diritto all’aborto è un diritto fondamentale; tutti gli stati membri dell’Ue devono depenalizzare l’aborto; il diritto di accesso all’istruzione ed educazione sessuale; e infine stop dei finanziamenti alle associazioni anti-scelta.


 

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