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I costi e i dubbi dell’accordo Italia- Albania sui migranti

Il 6 novembre 2023 la premier Giorgia Meloni e l’omologo albanese Edi Rama hanno firmato a Roma il protocollo  sui migrati che mirerebbe a “legalizzare il trattamento extraterritoriale e la detenzione dei richiedenti asilo e delle persone da rimpatriare forzatamente, con l’obiettivo dichiarato di scoraggiare le traversate in mare”. Il 15 febbraio 2024 l’accordo sui migranti è diventato legge.

L’accordo ha una durata di 5 anni ed è rinnovabile per altri 5 anni tacitamente. Prevede che l’Albania conceda all’Italia la possibilità di utilizzare a titolo gratuito alcune aree del territorio albanese per istituire, a proprie spese e sotto la propria giurisdizione, due strutture per allestire centri per la gestione dei migranti illegali. A Shengjin l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e istituirà lì un centro di accoglienza per svolgere le prime attività di screening. In un’altra zona più interna verrà istituita una seconda struttura (sul modello dei ‘CPR’ – centri di detenzione per il rimpatrio) per espletare le successive procedure.

Come sottolinea Openopolis, la relazione tecnica ipotizza una spesa totale di 653 milioni di euro in 5 anni, ma solo una piccola parte riguarderà la gestione dei centri. Infatti, il governo stima un costo massimo di 34 milioni di euro in circa 5 anni per la gestione delle due strutture.

Per capire i reali costi della gestione è necessario sapere quante persone potranno accogliere questi centri. Secondo il governo queste strutture potranno accogliere 3.000 persone, ma tuttavia non è ancora ben chiaro quale sia il numero massimo di persone. Lo scorso marzo il ministero dell’Interno ha parlato di  712 presenze.

Secondo quanto scrive l’analista di Ispi, Matteo Villa, i centri ospiteranno un massimo di 1.024 persone per volta.

 

Le altre spese previste dal protocollo

Gli oltre 600 milioni che rimarrebbero sarebbero destinati alla realizzazione e manutenzione delle due strutture. Openopolis ha costruito un grafico con le varie voci

 

Ci sarebbero 95 milioni euro per il noleggio delle navi, di quasi 8 milioni di euro di assicurazioni sanitarie per operatori italiani in missione all’estero e  252 milioni di costi per le trasferte dei funzionari del ministero dell’interno, della giustizia e della salute.  Come sottolinea Openopolis si tratta di spese che possono essere evitate se il personale lavorasse in Italia, piuttosto che all'estero.

Nonostante le cifre importanti, non sono ben chiari gli obiettivi del protocollo. Openopolis sottolinea che non è chiaro come la creazione di due centri in Albania possa contrastare il traffico di esseri umani e prevenire i flussi migratori illegali. Quanto ad accogliere solamente chi ha davvero diritto alla protezione internazionale la questione si porrebbe negli stessi termini anche se i centri fossero costruiti in Italia."

I molti dubbi ce l'hanno anche le organizzazione non governative, soprattutto in tema di diritti umani e di rispetto del diritto internazionale.

"In base all’accordo, le persone rimarrebbero sulle navi diversi giorni prima di raggiungere l’Albania. Questa distorsione delle regole di ricerca e salvataggio è pericolosa, mette a rischio vite umane e colpisce persone che si trovano già in condizioni di vulnerabilità a causa delle circostanze dei viaggi, segnando un capitolo vergognoso per l’Italia.

Le persone sbarcate in Albania e portate nei centri, compresi i richiedenti asilo, sarebbero automaticamente detenute, senza la possibilità di lasciare le strutture fino a 18 mesi. Secondo il diritto internazionale, la detenzione automatica è intrinsecamente arbitraria e quindi illegale.

È veramente il momento che le istituzioni europee riconoscano che l’accordo Italia-Albania creerebbe un sistema illegale e dannoso, che deve essere fermato. Invece di mettere a rischio la vita delle persone, le autorità dovrebbero garantire l’accesso a una procedura di asilo efficace e a vie di accesso sicure e regolari”.

 

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